Giovedì 07 Giugno 2012 12:04
L’intervento
del sen. Francesco Rutelli in Senato sulla conversione in legge del
decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, recante disposizioni urgenti per la
razionalizzazione della spesa pubblica
Signora Presidente, noi voteremo favorevolmente su questo
provvedimento, che rappresenta tuttavia l'occasione per fare il punto
sullo stato dell'attività del Governo, non perché sia un provvedimento
risolutivo. Sono d'accordo con le cose che ha appena detto il collega
Fleres, da molti punti di vista, e condivido anche alcune delle
considerazioni fatte precedentemente dal collega Mascitelli dell'IdV.
Ovvero: se in contemporanea noi esaminiamo una prospettiva di revisione
della spesa e proiettiamo un'ulteriore crescita della spesa, c'è
qualcosa che non torna. Questa è la riflessione che vorrei assumere
dall'intervento citato del collega dell'IdV.
Però vorrei far presente ai rappresentanti del Governo e ai colleghi
in quest'Aula che questo provvedimento, che ovviamente noi votiamo,
perché rappresenta un punto di progresso importante rispetto alla
verifica, al controllo e al potenziale ridimensionamento della spesa, se
fosse stato approvato ad esempio nel 2009, sarebbe stato perfetto. Ma
l'approvazione di questo provvedimento oggi, giugno 2012, ci fa
comprendere, colleghi, l'enorme rischio che stiamo vivendo.
Il Governo ha avuto un mandato di fiducia dal parte del Parlamento e noi
gliela rinnoviamo. Ha avuto un vasto mandato di fiducia da parte degli
italiani, che ovviamente può infrangersi a causa delle enormi difficoltà
sociali, della percezione dell'arrivo delle tasse, della gravità della
situazione sociale, della crescita della disoccupazione e della
criticità del contesto internazionale, che anche le persone meno
avvertite colgono e capiscono. Mi riferisco alle persone meno avvertite
di temi economici e di cosa significhino gli argomenti di cui stanno
parlando in queste ore i "grandi della terra", cioè i rappresentanti
delle grandi nazioni.
È evidente che il Presidente degli Stati Uniti sa che la mancata
crescita in Europa e dunque la crisi per lo sbocco delle produzioni del
suo Paese nel vecchio continente può diventare una delle condizioni
decisive, se non la condizione decisiva, che renderà difficile la sua
rielezione. Sappiamo però che la situazione in Europa non riguarda le
preoccupazioni di Obama, ma riguarda il fatto che l'Europa si trova di
fronte ad un bivio, signora Presidente, che fu ben rappresentato due
settimane fa da un settimanale politico-economico con un cartello
stradale. L'"Economist" ha fatto la sua copertina con un cartello che
indicava da una parte «superstato europeo» e dall'altra «crollo
dell'Europa» e poneva l'interrogativo: «C'è una alternativa?». Seppur
non ci piaccia la definizione di «superstato europeo», che è tipica
della cultura anglosassone, noi, che siamo europeisti per il processo
d'integrazione europea, siamo consapevoli che tale processo o trova nel
giro di pochi giorni e di poche settimane - come tutti sono consapevoli,
almeno nel dire - un'accelerazione formidabile in termini di
responsabilità della guida dell'economia e di comunitarizzazione della
guida dell'economia oppure la tragedia finanziaria diventerà tragedia
economica e tragedia sociale e non lascerà vie d'uscita, a partire dal
nostro Paese.
Il Governo Monti cosa ha fatto? Lo dico ai Sottosegretari qui
presenti. Il Governo Monti aveva un mandato preciso: in primo luogo
doveva recuperare credibilità, in secondo luogo intervenire
sull'equilibrio di finanza pubblica e in terzo luogo riavviare il
sentiero della crescita. La credibilità indubbiamente c'è, ma sappiamo
che non è sufficiente.
Se ne trova una sintesi nel fatto che l'Italia era immotivatamente -
con l'indicatore comunemente riconosciuto dello spread, cioè del
differenziale tra i rendimenti dei buoni del Tesoro a lungo termine
tedeschi e gli analoghi buoni del Tesoro italiani - in una posizione
singolarmente sotto di 100 punti lo spread spagnolo. Oggi questo
rapporto si è invertito, la differenza è di circa 80 punti a svantaggio
dei bonos spagnoli, ma questo non significa che l'Italia, uscita dalla
condizione di potenziale successivo birillo da buttare giù dopo la Grecia,
in uno scenario distruttivo della tenuta dell'euro e della stessa
Unione europea, sia al sicuro. Il motivo è semplice: siamo tornati
passatemi l'espressione on board, assieme agli altri Paesi, in una
condizione di corresponsabilità e sappiamo che non sarà l'Italia a
determinare il tracollo, ma sappiamo anche che o ci sarà una via di
uscita europea o, nel giro di poche settimane, vi sarà un tracollo che
naturalmente coinvolgerà anche l'Italia.
Il Governo ha restituito credibilità nel dialogo europeo e ha fatto
quello che poteva sul piano dell'equilibrio dei conti pubblici, ma
purtroppo ha fatto molto di più sul lato delle entrate, e lo dimostra,
ahimè, la vicenda dell'IVA. È infatti possibile che se la spending
review, affidata al dottor Bondi, non sortirà gli effetti immediati - o
anche se li sortisse - ci troveremmo e vi trovereste nella necessità di
confermare l'aumento dell'IVA, pernicioso per le condizioni delle
imprese, delle famiglie e dell'economia italiana. Ci troviamo con uno
sbilanciamento drammatico sul lato delle tasse che incide
inevitabilmente, malgrado ciò, sulle entrate, come abbiamo visto dai
dati recenti che registrano diminuzioni delle entrate proprio perché sta
calando la base produttiva della ricchezza del nostro Paese e non cala
invece la spesa. Il punto politico, signori del Governo, è questo. È
evidente che la spending review, che è perfetta se la datiamo 2009, è
assolutamente inadeguata datata giugno 2012; è un adempimento che
facciamo doverosamente e anche convintamente, ma non basta, non serve se
non ci rendiamo conto di un punto, sul quale vorrei terminare.
L'Italia, colleghi, ha conosciuto una doppia devoluzione negli ultimi
vent'anni: una devoluzione verso la competenza europea e i poteri
europei, e una devoluzione verso il basso, verso le Regioni. Lo Stato ha
perso poteri attribuendoli all'Unione europea, in virtù degli accordi
che abbiamo liberamente sottoscritto, e contemporaneamente ha attribuito
alle Regioni una parte crescente della propria capacità di spesa. La
spesa delle Regioni è fuori controllo. In quest'Aula il nostro Gruppo,
per iniziativa del senatore Baldassarri, ha proposto a più riprese
un'effettiva, non revisione, ma riduzione della spesa, e l'ha proposta
con speciale riferimento a quelle aree di spreco totalmente fuori
controllo che toccano la sanità, i contributi alle imprese, la
formazione e altri settori di spesa legati all'attività delle Regioni.
Colleghi, il tema di fondo, alla fine, è semplicemente questo: può
permettersi l'Italia di continuare ad avere una doppia devoluzione,
quella inevitabile, non verso il super-Stato europeo, come si dice, ma
verso una responsabilità europea dell'equilibrio dei conti di tutti i
Paesi membri dell'area euro, incluso il nostro, e contemporaneamente una
devoluzione verso le Regioni che vanno fuori controllo? Ma lo sappiamo,
colleghi, che la crisi greca ha portato a sopprimere le competenze
autonome degli enti territoriali, nell'impossibilità di metterli sotto
controllo?
E sappiamo che la stessa identica problematica oggi si sta
verificando in Spagna, dove le regioni autonome sono fuori controllo e
lo Stato, con problematiche culturali e istituzionali fondamentali
(pensiamo al rapporto con la Catalogna
e i Paesi Baschi), deve rimettere ordine nei conti fuori controllo. E
noi pensiamo di poter continuare con la doppia devoluzione?
Essa, signora Presidente, è intrinsecamente contraddittoria: quella
verso l'Europa è indispensabile, quella verso le Regioni ha finito il
suo tempo. Per questo motivo la nostra votazione sarà favorevole al
provvedimento in esame, ma nella consapevolezza che esso, purtroppo,
rappresenta non una goccia nel mare ma una girata di rubinetto in un
momento in cui sta arrivando un uragano di proporzioni straordinarie. A
questo uragano dobbiamo dedicare un'attenzione convergente in ordine
alle decisioni da prendere sul taglio della spesa. Infatti, poiché la
crescita non è all'orizzonte e il livello delle tasse è ormai
insostenibile, si deve fare in modo, nell'ultimo anno di vita del
Governo, che quella esistente diventi una consapevole maggioranza
politica oppure sarà l'accompagnatrice di una crisi irreversibile per il
nostro Paese.