Tabacci: sono più avanti di Renzi
Il partito cattolico è proprio finito ma le idee cattoliche no
di Goffredo Pistelli
Se gli riferite la malignità che si dice in
giro sulla sua partecipazione alla primarie del centrosinistra e cioè
d'essere lì a tenere bordone a Pier Luigi Bersani, interccettando il
consenso cattolico e moderato che potrebbe finire a Matteo Renzi, lui ci
ride sopra. O meglio ci sorride, perché Bruno Tabacci, 66 anni, una
lunga traversata politica nella Dc della Base, la sinistra interna, fino
al vertice del Pirellone a cavallo degli anni '90, è uomo d'una
pacatezza ormai fuori mercato. «Guardi, considero Bersani un uomo
solido», risponde, «lui viene dal Piacentino, io dal Mantovano, la sua
Bettola è simile alla mia Quistello e quindi chi dice che io sia lì
fargli un favore, offenderebbe.
Domnda: E qual è, onorevole?
Risposta: La storia dei cattolicidemocratici, che sto cercando di portare in una sintesi più ampia, proprio come ho fatto a Milano, partecipando alla giunta di Giuliano Pisapia. Le questioni interne, il sospetto che io possa servire a ostacolare uno dei contendenti, non mi interessa davvero.
D: Insomma, un percorso coerente con i suoi ultimi tentativi, con la Rosa Bianca, con Alleanza per l'Italia...
R: Sono nomi e sigle della seconda repubblica, tentativi, che stanno in una stessa logica: dare una rappresentazione centrale o centrista al Paese dopo la morte della Dc. Io ed altri siamo stati interpreti di una rabdomanzia romantica e critica, nella ricerca della posizione più giusta e corretta. Ho messo in connessione spiriti critici.
D: Significa che in queste primarie, ci sta da candidato di bandiera. Per partecipare, più che per vincere...
R: È chiaro che non ho un apparato. Se queste primarie fossero davvero un moto libero di popolo, senza mediazione degli apparati, ché ci sono strutture di partito ancora consistenti in campo, allora le cosa sarebbero potute andare in modo differente. Però un attimo...
D: Prego, onorevole...
R: Testimonio una posizione che ha una marginalità organizzativa ma che è centrale nelle idee e nella proposta politica: se non c'è equilibrio al centro, la sinistra non va da nessuna parte. Anzi non va al governo.
D: Ma per far questo non sarebbe stato meglio, allora, stare con Renzi?
R: Il sindaco di Firenze è un giovane interessante che però, secondo me, dovrebbe legare le proprie aspirazioni a una profondità di pensiero più rilevante e un'idea meno americana della politica.
D: Non salva niente di Renzi?
R: Glielo ho detto: è un giovane interessante. È una speranza per il futuro, ma fossi in lui mi radicherei di più. Perché non può dirmi che bastano 10 ministri a governare l'Italia, quando a Milano ci sono 12 assessori. E dirmi che dobbiamo farlo perché lo chiede la gente. Abbiamo bisogno di rottamare i ladri e gli imbecilli, se no diventa tutto una macchietta.
D: E sbaglia pure sui costi della politica, il Rottamatore?
R: Guardi, sono più avanti io.
D. In che senso?
R: Ho presentato provvedimenti formali, da parlamentare: non son stato lì ad aspettare Beppe Grillo: nel 2007, ho scritto un libro con Sergio Rizzo in cui denunciavo tutto questo. Nell'ultimo, intitolato Pensiero libero, ho denunciato che i partiti nel 2008 hanno giustificato spese elettorali per 156 milioni, ricevendone a rimborso 536. Ho affermato, non da ora, che i parlamentari devono scendere a 200 e sono da sempre per l'abolizione delle province.
D: Rivendica una primogeniture quindi in un campo, quello dei tagli ai costi della politica, che oggi è affollato...
R: Semplicemente non mi considero un politico occasionale. Ho le mie idee e non le professo per accontentare qualcuno: ho applicato un metodo e una cultura democristiani.
D: Onorevole, chiunque vinca queste primarie, governerà l'Italia, è quasi certo. Che cosa avrà da fare appena arrivato a Palazzo Chigi?
R: Riprendere il metodo della competenze affermato dal professor Mario Monti, con la regione di Giorgio Napolitano e che ha ripreso l'Italia da un buco nero verso cui stava scivolando.
D: Abbiamo rischiato, dice?
R: Vorrei ricordare che, allora, non c'erano più i soldi per pagare gli stipendi della pubblica amministrazione.
D: Quindi, avanti con l'agenda Monti?
R: Quindi occorre quel metodo della serietà e della consapevolezza, di stretta connessione fra diritti e doveri. È stata una svolta: chi governerà deve fare in modo che non sia reversibile.
D: Nel concreto?
R: Manutenere le riforme strutturali e continuare a fare le altre. Quello che avremmo dovuto fare dal momento dell'arrivo dell'euro e non abbiamo fatto.
D: Monti, lei dice. Ma nella Carta di intenti del centrosinistra, riferimenti a questa esperienza non ce ne sono...
R. E infatti io l'ho contestato pubblicamente a Bersani: c'era una foglia di fico che consisteva nel non farne il nome: io non ho foglie di fico e il suo nome lo faccio.
D: Lunedì, al confronto con gli altri candidati, ha detto che lo vorrebbe al Quirinale.
R: Certamente. Sarebbe la garanzia che quel metodo rimane e sarebbe un grande messaggio all'Europa e alla comunità internazionale che guarda a lui.
D: Sarebbe così importante?
R: Assolutamente. I leader che cercavano di fuggire la foto di gruppo con Silvio Berlusconi, fanno a gara, nei summit, a stringere la mano a Monti in favore di obiettivo.
D: C'è chi Monti lo vuole in campo e sono quelli che stanno aggregandosi al centro, da Pier Ferdinando Casini a Luca di Montezemolo, a Oscar Giannino, ai cattolici di Todi.
R: Monti ha già detto di no a chi lo voleva tirare per la giacca. E sono convinto che non tornerà alla Bocconi.
D: Ma lei, onorevole, questo raggruppamento centrista non lo teme? Ci sono persino la Cisl e le Acli.
R: Guardi il collateralismo è finito da anni. Oggi quei dirigenti ritengono di dare legittimamente un contributo. Ne sono personalmente lieto, ma gli iscritti a quei sindacati e a quei movimenti da tempo non votano secondo le pulsioni dei vertici. Il «contrordine compagni» non vale più, né si può chiedere a momenti come quello dei convegni di Todi di riprodurre la Cisl di Bruno Storti o la Confcommerico di Giuseppe Orlando. Lo ha capito bene Santa Romana Chiesa, i cui cardinali sanno che non si può trascinare all'impegno politico nessuno e hanno giudicato positivamente che certa sensibilità politica fosse presente ovunque.
D: Che cosa farà dopo le primarie: accetterà premi di consolazione, com'è sempre accaduto per i perdenti?
R: (Ride) Sono stato chiamato a fare l'assessore al Bilancio a Milano e non ho bisogno di consolarmi né di completare il curriculum: ero presidente di Regione a 40 anni.
D: Renziano antemarcia...
R: Ho cominciato a far politica prestissimo, solo che non volevo rottamare Aldo Moro o Amintore Fanfani, anche se si potrebbe obiettare che non ce ne siano in giro più...
R: Da presidente regionale ebbe anche qualche dispiacere: fu indagato per finanziamento illegale della Dc lombarda...
D: Sì. Mi dimisi subito ed ebbi ragione in tribunale cinque anni dopo: ero innocente. Però nel frattempo avevo pagato con anni di lontananza dalla politica perché nel frattempo c'erano state le elezioni del 1994 e quelle del 1996. Lo ricordo perché oggi l'avviso di garanzia è diventato un titolo di merito e per la non candidabilità in Parlamento, c'è chi arriva a proporre che occorra una sentenza di condanna passata in giudicato. Assurdo.
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