giovedì 11 novembre 2010

Rutelli su Europa: «Noi abbiamo scelto. E il Pd?»

Caro direttore,
ti debbo una risposta, e una domanda al Pd, dopo gli articoli che Europa ha dedicato alla crisi politica che si è aperta nella maggioranza, e alle scelte che dovranno fare le opposizioni. La domanda, innanzitutto: non ho capito quale coalizione il Pd intenderebbe formare. Ho stima per Bersani, seguo e capisco il suo sforzo per rendere il Pd affidabile in questa congiuntura difficile. Dopo aver concorso in modo determinante a lanciarlo, ho dovuto constatare che quel Partito democratico che avevo sognato non è mai nato. Ciò che vediamo in questi mesi conferma purtroppo l’impossibilità per il Pd di formulare un pensiero, una strategia, una proposta politica capaci di formare una nuova maggioranza di governo nel paese. Il dibattito non arriva mai ad affrontare credibilmente i contenuti: le riforme coraggiose indispensabili al paese dopo questi 17 anni di bipolarismo.
Si torna dunque, ineluttabilmente, alla politica. E qui urge la risposta. Il Pd fu concepito per far uscire dal condizionamento delle estreme la coalizione dell’Unione (che andava da Mastella a Diliberto; ma di cui faceva parte, non dimentichiamo, un partito riformatore con 120 parlamentari, DL-Margherita!). Immagina davvero di candidarsi nelle prossime elezioni con un proprio profilo di sinistra riformista, e in alleanza con Vendola e con Di Pietro (a sua volta incalzato da Grillo)? Bersani ha dichiarato che sarebbe giusto creare un gruppo unico da queste tre liste diverse. Ma non solo in questo modo apparirebbe impossibile definire un chiaro programma – che so – sulla missione in Afghanistan; o sul piano-Fiat; o sulla Tav. Nell’offerta politica agli italiani, il Pd configurerebbe uno schieramento decisamente più a sinistra della stessa Unione.
E vengo alla risposta alle tue osservazioni nei miei confronti. La scelta che ci ha portati a costituire Alleanza per l’Italia e a puntare sul Nuovo polo è nota ai lettori di Europa. I miei argomenti da un anno a questa parte sono stati convalidati in modo robusto: l’analisi sul Pd, la previsione della rottura tra Fini e Berlusconi, l’ascesa irresistibile della Lega. E l’affermazione della proposta di un Nuovo polo. È interessante notare come anche gli analisti più scettici diano oggi per acquisito quel che ancora poche settimane fa bollavano come impossibile: la crisi nera del bipolarismo; l’avanzata di un astensionismo mirato, che è anche fratello della caduta verticale dei consensi ai due maggiori partiti; il richiamo del “Terzo polo”.
Nel vasto sondaggio Ipsos per il Sole 24 Ore di pochi giorni fa, il consenso ad Udc, Fli, Api e Mpa quasi raddoppia, al 21 per cento, nel caso di nascita di questo Nuovo polo (la semisconosciuta Api raccoglierebbe il 3,3 per cento e 17 deputati). Cosa vuol dire? Che noi pensiamo a unire con leggerezza forze di centrodestra, centro e centrosinistra? No, qualcosa di più importante. Significa che vogliamo fondare in Italia l’equivalente di Kadima in Israele: l’incontro tra chi ieri si trovava su fronti diversi e si può unire, oggi, per affrontare la più grave crisi economica e una delle più pesanti crisi istituzionali e di fiducia civile che abbia conosciuto la Repubblica, sulla base di una condivisione di fondo che sta emergendo in modo significativo e promettente.
Le modalità dipenderanno, ovviamente, dai modi della crisi e dai tempi delle elezioni. La strategia, che appariva temeraria, resta difficile. Ma è molto chiara. Agli amici del Pd che mi chiedono se ho dei dubbi nello scegliere tra la sinistra massimalista e giustizialista e Casini e Fini – che ha spiegato a Perugia la sua linea e le sue priorità – rispondo che oggi non ne ho.
Con tutta la simpatia per Vendola (che a livello locale abbiamo appoggiato), ciò di cui ha bisogno l’Italia non è una critica del capitalismo e della globalizzazione ma, finalmente, un progetto liberale e riformatore. Noi abbiamo scelto. Credo che il Pd debba farlo adesso.
sen. Francesco Rutelli su Europa
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