lunedì 29 agosto 2011

DEDUZIONI DI CORRINI SULLA SITUAZIONE ECONOMICA

Caro Francesco, sai che ti voglio bene ma nel tuo scritto, accanto ad alcuni concetti sacrosanti e putroppo retorici, quasi scontati, ci sono anche delle forti contraddizioni e qualche inesattezza.
Inizio col dire che se la crisi è originata dal debito e questo dalla cattiva amministrazione e dai privilegi, poichè coinvolge tutte le economie più forti possiamo affermare che tali cattive amministrazioni sono state proprie anche di quei paesi che abbiamo sempre preso come esempio, Germania e USA compresi. In realtà sappiamo benissimo che non è così e l'amministrazione tedesca (e per certi versi anche quella USA) hanno sempre avuto tassi di moralità molto superiori alla nostra e quindi il conto non torna. Questa crisi secondo me ha ragioni tecniche.
Innanzi tutto diciamo che non ha alcun senso affidare la valutazione della solidità finanziaria di un Paese (e della solvibilità del suo debito) ad uno strumento così volatile come la Borsa, uno strumento che reagisce alle scorregge senza prendere minimamente in esame i contenuti. Un esempio: il debito italiano è fortemente svalutato dalla Borsa specie in rapporto a quello tedesco, americano o francese ma non si tiene conto che se tutti gli italiani decidessero di investire il proprio denaro (per ragioni patriottiche) in titoli di Stato nazionali potrebbero FACILMENTE finanziare l'intero debito con risorse interne mentre USA, Germania e Francia sarebbero obbligate a continuare a sperare nel buon cuore della Cina.
Sulle cause che hanno condotto ad un denito (italiano così abnorme, siamo daccordo: abbiamo vissuto per 30 anni al di sopra delle nostre possibilità indebitando le generazioni future.
Sui rimedi invece mi trovo in totale disaccordo. Certo è scontato che bisogna ridurre stipendi e privilegi delle aree politiche riconducendone i trattamenti alla media europea ma supertassare i redditi da lavoro alti (sulle pensioni sono daccordo) ha grandi controindicazioni ed è moralmente ingiusto.
Bisogna infatti ricordare che i responsabili dei trattamenti pensionistici anticipati degli anni '70/'80 non sono certo gli imprenditori bensì i sindacati con la connivenza dei politici che ambivano a conservarne i voti. C'è poi da dire che un trattamento fiscale penalizzante rispetto agli altri paesi induce l'imprenditore a trasferirsi altrove con conseguente ulteriore depressione del sistema economico.
La realtà è che il principale motivo della crisi economica (italiana) è la mancanza di convenienza da parte dell'investitore ad investire in attività imprenditoriali produttive a causa di una sistema fiscale che è già penalizzante (la pressione fiscale in Italia è già oggi la terza più alta del mondo). In sostanza per uscire dalla crisi dobbiamo creare opportunità ed occupazione e per farlo dobbiamo fare in modo che chi investe denaro possa guadagnare il giusto in ragione dei rischi di impresa che si prende.
La soluzione quindi passa sicuramente per una corposa cura dimagrante delle Istituzioni (Province e Senato), un'altrettanto corposa riduzione delle retribuzioni di politici e quadri dirigenti istituzionali ma occorre un drastico cambio di politica che consenta di incentivare gli investimenti produttivi a scapito di quelli finanziari. Infatti, se a parità di rischio i guadagni ottenuti da inpieghi finanziari sono tassati il 20% mentre quelli da reddito di impresa sono tassati il 45% appare evidente che l'investitore propenderà per i primi penalizzando la produzione che è l'unica vera fonte di occupazione e ricchezza del paese. Ci vuole quindi una corposa tassa sui guadagni da impiego finanziario ma non basta. Bisogna anzitutto far pagare le tasse a quelle categorie che non chiedono altro che di essere regolarizzate: mi riferisco alle prostitute la cui legalizzazione pùò portare ingenti risorse alle casse dello Stato senza penalizzare il tessuto produttivo e deprimere l'economia. Bisogna introdurre un meccanismo che porti a forti pene di reclusione certa e non commutabile a chi evade il fisco, almeno in attesa di arrivare ad una riforma fiscale nel segno dello sviluppo. Bisogna rendere flessibile il mercato del lavoro lasciando libertà di licenziamento ma reintroducendo il salario minimo cntrattuale in modo da consentire all'imprenditore di tenere i dipendenti che vuole ma eliminando la piaga del lavoro a tempo determinato sottopagato. Bisogna snellire l'apparato statale licenziando i nullafacenti e dirottando il surplus lavotarivo in attività redditizie per lo Stato (ad esempio i servizi turistici e connessi all'ecologia), bisogna ristatalizzare le banche (o far valere le Golden Share che ci sono ma vengono dimenticate) in modo da ricondurle al loro antico ruolo di enti al servizio dell'imprenditoria, bisogna vendere il patrimonio immobiliare dello Stato e tutte le partecipazioni industriali perchè lo Stato non può essere immobiliarista ne tanto meno imprenditore, bisogna che lo Stato si riappropri dei territori controllati dai potentati locali (il sud) con un'azione militare di repulisti drastica che conduca al rilancio economico di una parte importante di territorio oggi sottosviluppato e quindi grande risorsa potenziale, bisogna che si torni all'idea di uno Stato Centrale solidale e motivato alla ricostruzione e allo sviluppo accantonando, per ora, i sogni federalisti.
Tutto il tuo bel discorso mi appare quindi semplicistico, retorico e scontato. La questione è molto più complessa e va affrontata con rigore, decisione e coraggio, quel rigore, decisione e coraggio che quasta classe politica non sembra avere.
Un ultimo appunto riguarda la valutazione dell'Euro. Il valore delle monete è regolato dalle borse e non dagli Stati. Le Borse vivono di scorregge ma oggi, è indubbio, che l'economia statunitense viva un periodo di difficltà ancora più grande di quella globale europea per cui la valutazione delle monete ne risente. L'Euro è sicuramente troppo forte e questo penalizza le esportazioni ma di contro favorisce le importazioni (sui mercati internazionali si paga in dollari). Si potrà dire che viene penalizzato chi produce in Europa ma la domanda è: CHI PRODUCE ANCORA IN EUROPA ??? Il mercato europeo purtroppo è caratterizzato da una fortissima componente di importazione, pari all'esportazione. Si importano prodotti di largo consumo e si esporta tecnologia avanzata quindi l'Euro forte ci fa pagare di meno i prodotti poveri e rende più costosi all'estero i nostri prodotti avanzati che però, proprio perchè sono avanzati non sono penalizzati più di tanto. Quindi a conti fatti l'Euro forte forse ci conviene.
Ciao
Marco Corrini
 

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